Pubblichiamo il discorso presidenziale di Giancarlo Restivo, tenuto alla cena istituzionale della Nuova Organizzazione d’Imprese il 3 dicembre 2013 presso l’Hotel NH Giustiniano di Roma.

Cari amici,
vi ringrazio per la partecipazione a questa cena e per l’attenzione che avete mostrato verso la nostra organizzazione e sopratutto al nostro lavoro. Ringrazio le istituzioni e le associazioni sindacali datoriali presenti, i rappresentanti di partito nazionali ed internazionali, gli imprenditori ed i professionisti; l’adesione a questa serata non è affatto scontata. Alcuni di voi hanno già partecipato in passato e ne conoscono l’origine ma per molti è la prima volta. Sento pertanto la necessità di ridire le ragioni del nostro fare, perchè è sempre necessario per la maturità di un gesto come questo, riaffermare il punto da cui si è voluti partire e che ha generato la mossa iniziale.
Uno dei principi fondanti la nostra associazione è l’interassociatività e la trasversalità d’azione. Con questo principio vogliamo evidenziare un atteggiamento di apertura ad un lavoro comune tra noi e gli attori territoriali che, svolgendo il nostro impegno, incontriamo e coinvolgiamo.
La radice della nostra organizzazione ha l’evidente intenzione di non porre in essere il purtroppo comune e vecchio divisionismo tra etichette, e neppure uno sterile e deludente clientelismo nei confronti degli associati. L’autodeterminismo e l’individualismo ideologico-illuminista stanno facendo sprofondare il tessuto sociale ed imprenditoriale in un oblio di relazioni sconnesse minando le fondamenta di una socialità adulta e compiuta. Per questo stiamo cercando di porre l’attenzione all’esigenza di riaffermare il concetto di “comunità”. Siamo diventati un insieme di “io” che, anche se dialogano tra loro, non si comprendono più. Ognuno incentrato su se stesso, diventati incapaci di creare quindi opere comuni. Ma per ricostruire una comunità non basta dirlo, non basta ripetere l’obiettivo a cui si aspira, è necessario avere coscienza dei passi da attuare per arrivare al compimento, serve una strada oltre che una meta.
Il gesto di stasera è uno dei passi di questa strada, è un’espressione della nostra proposta culturale. Perchè per costruire una comunità, per porla in essere, gli attori che la compongono devono riconoscersi in dei valori condivisi, in un sistema di attese ed interessi legato ad un ideale più grande di sè stessi. Non è uno sforzo o un’intenzione a generare il senso di appartenenza, ma il riconoscimento che dentro quello che si incontra c’è ciò che si ha sempre cercato. Non si può ignorare che il presupposto culturale/educativo dona all’uomo la propria identità e le motivazioni per vivere ed agire. Il riconoscimento di un valore a cui aderire viene prima dell’apparato, dell’organizzazione e del sistema. Basta guardare i telegionali per accorgersi della verità di queste affermazioni. Una società fatta da tanti interessi individuali, che non riconosce una matrice comune, non regge, non sta in piedi. Una società si giudica da quello che ama, da ciò a cui aspira e l’aver sostituito l’obbiettivo di realizzazione di sè con un’annoiata “tranquillità” non ci ha giovato.
Chi ci segue si è accorto del percorso che a livello sistematico abbiamo proposto. “Realismo”, “Responsabilità” ed adesso “Comunità” sono le parole che hanno costituito e costituiscono il nostro percorso fino ad adesso. La parola “realismo” definisce per noi lo sguardo che ognuno di noi deve avere verso la realtà che si trova di fronte. Bisogna riconoscere che la realtà porta con sè una possibilità, un positività con cui impegnarsi. “Responsabilità” è la parola a cui abbiamo affidato il sacrificio che la realtà esige, la fatica da accettare ed abbracciare per allargare gli orizzonti. Una responsabilità etica è una responsabilità che non si affida solo alle idee, seppur giuste, a cui aspira, ma risponde senza tirarsi indietro, mette le mani in pasta dentro le circostanze. Senza sacrificio non si può riconoscere nè il valore nè la portata delle proprie idee. Questi due punti di sintesi possono vivere solo dentro una “Comunità” di soggetti che li vivono e condividono attraverso un lavoro, che per noi è da affrontare personalmente. “Certezza”, “Sacrificio” e “Decisione” sono le tre parole a cui invece abbiamo affidato il lavoro personale che ognuno di noi, associato o collaboratore, ha bisogno di interiorizzare. Ma perchè tutto questo? Tanta gente ci chiede perchè non ci occupiamo, come fanno tutti, solo dei rapporti commerciali. Perchè per noi l’immobilismo del mercato a cui siamo sottomessi trova la sua radice nell’indebolimento del soggetto, in un impoverimento di ideali e strutture valoriali a cui prima aspirava e che adesso non riconosce più. L’uomo ha bisogno di una ragione grande per camminare, per rimettersi in moto. Un soggetto, che sia imprenditore o professionista si muove se riconosce che ne vale la pena, ma la ragione che lo muove deve essere confermata dalle circostanze e dalle persone attorno a sè. La ragione viene confermata dall’opera che cresce, che può essere toccata, fatta di cose e persone. Per questo guardiamo all’impresa come una piccola comunità, dove una proposta culturale possa svilupparsi in una condivisione di bisogni e di intenti, diremmo di interessi, tra datore di lavoro e lavoratori. Quelli che ideologicamente vengono concepiti come due fronti contrapposti, hanno una possibilità di incontrarsi.Noi aspiriamo ad un’impresa vista come un luogo comunitario con un potenziale di crescita per tutti, professionale e personale proporzionalmente ai propri meriti e fatiche. L’impresa può scoprire il proprio carattere comunitario attraverso accordi aziendali, integrando gli stessi contratti nazionali, con i quali imprenditori e lavoratori concordano gli obbiettivi e distribuiscono proporzionalmente i risultati, organizzando anche forme di protezione sociale rivolte alla tutela del valore reale del salario, alla salute dei nuclei familiari, in modo che coinvolgendosi, anche i lavoratori siano compartecipi al vissuto dell’impresa.
Quanto detto è una proposta reale, noi ne abbiamo esperienza, ma perchè diventi realizzabile anche per gli altri bisogna che questo lavoro culturale venga condiviso, che diventi comune. Questa è la nostra associazione, questo è il nostro movimento, il nostro lavoro, la nostra comunità. La comunità è il luogo dove i passi del lavoro possono essere condivisi e vissuti. Concludendo, andiamo a concretizzare questi propositi, andiamo a cena.

Giancarlo Restivo
Presidente della Nuova Organizzazione d’Imprese

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