Da dove nasce la parola “Romanzo”?
La parola “romanzo” origina dalle forme del francese antico romans, romant, roman o romanz. Romanz, in particolare, è forma sostantivata dell’aggettivo romanz che deriva dall’avverbio latino volgare romanice (romanice loqui, cioè “PARLARE ALLA ROMANA”, il quale deriva dal latino romanus): parlavano romanice i cittadini di origine romana, mentre il ceppo barbarico era indicato complessivamente come teudisca lingua. Nella seconda metà del XII secolo, il termine indicava un’opera narrativa per la lettura, che riprendeva leggende del mondo antico (Antica Grecia e Roma): ciclo bretone (La storia di Excalibur e dei cavalieri della tavola rotonda) e carolingio di stampo avventuroso e in versi. Nel XV-XVI secolo, il termine roman cominciò ad indicare una poetica narrativa, in versi o in prosa, cavalleresca-avventurosa, erioco amoroso-pastorale, che si concentrava sull’analisi e evoluzione dell’eroe. Dal XVII secolo, roman indica il romanzo moderno, così come lo conosciamo oggi.
Perché si scrive?
– Per mettere a fuoco la vita; lo stesso motivo per cui si scrive un diario. Quando parliamo con un altro, comprendiamo di più noi stessi. Abbiamo bisogno di amici. Scrivere ci porta ad una riflessione su ciò che viviamo e alla possibilità di comunicarlo anche agli altri. D’un tratto lo scritto inizia a parlare a noi.
– Per affermare che ci siamo, che esistiamo (anche solo a noi stessi)… Se nessuno ti guarda, tu non ci sei. Siamo alla ricerca di qualcuno che ci guardi. Come quando facciamo un video su Youtube oppure postiamo una foto su Instagram. Se qualcuno si accorge di ciò che scriviamo sentiamo di essere utili, percepiamo di servire a qualcosa…
Di cosa si scrive?
Noi abbiamo il desiderio di “felicità” di un “di più” che ci mette in moto, ma la playstation non basta e cambi gioco, il moroso non basta e lo cambi, il motorino non basta etc etc…
Il nulla, la noia, l’abbandono, le cose che non bastano… cercare ciò che appaga questo desiderio costa fatica…
Tutto questo ci fa male, ci comporta sforzo, ma il problema non è la fatica, è che ci chiediamo “perché”? Che senso ha tutto questo spaccarsi se poi crolla tutto e non esiste qualcosa che ci basti? Perché ho litigato con la mia migliore amica anche se non volevo? Perché quella ragazza non si accorge di me? Perché è tutto così complesso? Perché sono triste? Perché c’è il male?
La tristezza è una cosa buona perchè ci fa scoprire questo: un desiderio grande che desidera il bello e il vero… scriviamo di questa avventura, di come ciò che ci accade ci aiuta o ci impedisce di trovare le risposte alle nostre domande. Scriviamo della lotta contro l’assenza di risposte e della continua ricerca di esse, della battaglia contro il nulla (Come ne “La Storia infinita”).
Per vincere il nulla ci vuole un “perché” grande. Ma da soli non si può, da soli si scappa, ci vuole una compagnia, come la compagnia dell’anello (Ci vuole un Samvise Gamgee che ci aiuti a sostenerci fino alla fine)… uno vince il nulla se scopre di essere amato…
Ecco la fine di ogni romanzo…se l’autore riconosce che questo amore accade e deve continuare ad accadere ci sarà un lieto fine, se abbiamo un autore che non è ancora arrivato fin lì nel suo cammino, avremo un romanzo che chiude in cerca o sospeso, o addirittura che contempli solo la delusione.
Come si scrive?
Scrivere è frutto di un lavoro su se stessi e sul testo.
Il punto di partenza: Innazitutto incominciare, senza necessariamente avere schemi precostituiti per non imbrigliare la tensione iniziale, ma avendo chiaro però con chi si sta parlando. Chi è l’interlocutore del racconto?
Sulla base dell’interlocutore che immaginiamo la forma cambierà.
Idee e contenuti nascono dal nostro immaginario. Uno scrittore di cinquant’anni fa, ha un immaginario differente rispetto a noi che stiamo venendo su con internet, youtube, i blockbuster cinematografici e le serie tv.
Dopo l’inizio?:
Porsi le prime domande: Come, quando, dove e perché?
Prenderle sul serio nella vita, ci aiuta a scrivere in maniera più matura, amplieremo le riflessioni.
Considerare i 5 sensi: i protagonisti gustano la realtà tanto quanto noi saremo attenti a gustare la nostra.
Non siamo lavatrici, abbiamo dei sentimenti: ciò che accade ci provoca e genera in noi emozioni (una bella giornata ci accende, una giornata brutta ci intristisce, così come una mattina che andiamo a scuola tristi e incontriamo un amico che ci fa vedere qualcosa di bello, ci rimette in moto).
Poi si rileggerà e si guarderà e riguarderà finchè ciò che abbiamo buttato giù non ci convincerà (e lo faremo leggere e rileggere a chi ci è più vicino). Scrivere è frutto di un lavoro che ad ogni nuova pagina, ad ogni nuovo capitolo ci porrà davanti la stessa domanda “Perché lo stai facendo? Ne vale la pena?” E la ragione dovrà essere grande tanto quanto la ferita che ci portiamo addosso e per cui abbiamo incominciato.
Può succedere anche che si incominci a scrivere per una ricerca personale, per snodare i nodi dell’anima, e che poi si finisca con lo scrivere per le persone amate…. Pertanto, fai in modo che tutto ciò che hai scoperto di bello e di vero per te stesso, lungo tutto il lavoro di ricerca, tu possa mostrarlo anche agli altri (Come il bambino che ha ricevuto un regalo ed è lì che vuole farlo vedere a tutti).
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