Eccoci arrivati alla seconda lezione della Rubrica “Lezioni di Sicurezza sul Lavoro”. Ricordiamo che la rubrica vuole presentare degli articoli settimanali in materia a cura diGiancarlo Restivo, che oltre ad essere Presidente della Nuova Organizzazione d’Imprese è anche Consigliere Nazionale AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro).
La collana presenterà un percorso sociologico e antropologico innestato su argomenti imprenditoriali, che consentiranno l’accessibilità e la lettura anche ai non addetti ai lavori.
Lezione 2 – Formare i comportamenti: educare la Libertà
Continuando il nostro percorso, è necessario capire innanzitutto la profondità del tentativo che stiamo cercando di attuare. Proverò a spiegarmi con un esempio semplice e all’apparenza banale, ma comprensibile.
La torta e le chiavi di lettura
Se un giorno arrivassi in ufficio, magari per il mio compleanno, e i miei colleghi mi avessero preparato una festicciola a sorpresa. D’un tratto qualcuno, dopo qualche frizzo e lazzo farebbe comparire una torta.
Io guardandola rimarrei stupito ed essendo colpito apprezzerei. Ma facciamo un passo indietro e chiediamoci: di fronte una torta, noi cosa vediamo? Io cosa vedo?
Da me, in classe, si scatena sempre la fantasia, c’è chi risponde “Le calorie”, chi invece “Qualcosa da gustare”, chi invece “La prova costume” etc…
Ma dopo qualche risata, mi tocca rispondere deciso: una torta! Di fronte una torta cosa vedo? Io vedo una torta! Sembra scontato ma non lo è. Infatti procedendo chiediamoci invece: Un pasticcere di fronte una torta cosa vede?
Alla nuova domanda si riaccende la fantasia dei discenti nelle risposte, c’è chi dice “Il proprio lavoro”, poi chi risponde “Un opera d’arte”, chi afferma “Il guadagno” etc…
E come ogni volta, mi tocca dire la mia: Vede di più! Cioè vede la consistenza del pan di spagna, vede la crema e pensa agli ingredienti, vede se c’è la frutta o il tipo di glassa e via via sempre più in fondo.
Eccoci arrivati alla conclusione dell’esempio, immaginate! io e lui, di fronte la medesima realtà, eppure io vedo la “torta” e lui vede “Di più”.
Come è possibile? È stato più attento? Si è sforzato? NO! Ha delle conoscenze che io non ho evidentemente! Una familiarità con quella realtà maggiore di come possano produrla i miei sforzi.
Potremmo dire sinteticamente che possiede delle “chiavi di lettura”, degli “occhiali” per leggere la totalità dei fattori della realtà che ha di fronte.
Ma che nesso ha questo esempio col percorso sulla sicurezza sul lavoro?
In quante centinaia di lezioni in materia ci siamo sentiti ripetere: State attenti a questo! e poi a questo a quest’altro! State attenti! Bisogna fare attenzione per essere sicuri!
Vero, ma da dove nasce l’attenzione? Da uno sforzo? Evidentemente non reggeremmo nemmeno mezz’ora.
L’attenzione non nasce da uno sforzo, ma, come l’esempio sopradescritto ci spiega, dalle conoscenze e dalle competenze, dalle “chiavi di lettura” che si posseggono, innanzitutto per leggere la realtà del nostro mestiere, cioè della vita con cui tutti i giorni abbiamo a che fare!
La sicurezza sul lavoro non accade perché mi sforzo di stare attento, ma perché conosco come vivere in maniera adeguata il mio mestiere. Ma come ci siamo lasciati la scorsa volta, dobbiamo adeguarci a cosa?
Le norme, i regolamenti, le procedure… e la libertà?
Nel nostro lavoro di consulenti c’è chi si ostina fortemente ad affermare che un sistema di procedure può risolvere il problema della sicurezza sul lavoro, come se partorire regole e abituare l’altro a ripetere il medesimo comportamento nel tentativo di rispettarle, dovrebbe garantire il proseguire di questa “obbedienza cieca” alla procedura o al regolamento che sia, creando un fenomeno di riflessi condizionati, per abitudine.
I sistemi di procedure sono uno strumento, ma non sono l’obbiettivo, sono fatti per servire all’uomo, non è l’uomo fatto per servirli.
Nonostante ci sia ancora qualcuno un po’ restio, ci si è accorti, poi attuandoli, che l’imbrigliamento dei comportamenti umani in una griglia di regole a cui obbligatoriamente si doveva aderire, diveniva fonte di stress, cioè l’umano, iniziava a venire fuori con un fattore che è in lui, è inestirpabile e che non è ignorabile: la libertà.
Eh si, dopo un po’ qualcuno ha fatto la grande scoperta: l’uomo non è programmabile!
Ironicamente diremmo che qualcuno si accorse che tra l’uomo e una lavatrice c’è differenza!
Ma affidiamoci sempre all’esperienza per avere conferma dei nostri costrutti teorici.
Se un “preposto” quindi un “capo” dice ad un proprio collaboratore: “fai questo!” cioè da un’indicazione, detta una regola o una procedura etc… Possiamo essere certi al cento per cento che il collaboratore farà esattamente quello che il proprio capo ha in mente che egli faccia, nella modalità con cui il capo l’ha in mente e desidera che avvenga? Miliardi di esempi che ci balzano in mente in questo momento ci dicono no evidentemente.
Perché? Perchè ci metterà del suo, farà a suo modo, oppure capirà male e farà il contrario, oppure potrebbe fare addirittura meglio di come si prevede.
Insomma l’altro è libero, l’esistenza dell’indicazione non comporta che necessariamente venga osservata nella medesima portata che essa richiede. L’umano non è programmabile, uscirà sempre fuori come novità.
E proprio questo vorremmo ricordarlo sta alla base del nostro essere formatori, proprio perchè c’è la libertà nasce l’esigenza di darvi una forma, quella che nel decreto 81 del 2008 viene definita come “processo educativo volto a fornire conoscenze e competenze”.
Per continuare, dobbiamo quindi rispondere alla domanda, cos’è la Libertà? Cioè da dove nascono i comportamenti, da cosa sono costituiti? Perché se sappiamo da dove hanno origine, avremo le chiavi di lettura per riconoscerli e quindi eventualmente correggerli.
E con queste domande non da poco, alla prossima settimana!
Grazie a tutti per l’attenzione.