Giancarlo Restivo

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Search in posts
Search in pages

Ecco arrivata la prima lezione della Rubrica “Lezioni di Sicurezza sul Lavoro”. La rubrica vuole presentare degli articoli settimanali in materia a cura di Giancarlo Restivo, che oltre ad essere Presidente della Nuova Organizzazione d’Imprese è anche Consigliere Nazionale AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro).

La collana presenterà un percorso sociologico e antropologico innestato su argomenti imprenditoriali, che consentiranno l’accessibilità e la lettura anche ai non addetti ai lavori.

La formazione per la sicurezza sul lavoro è divenuta argomento sempre più centrale all’interno del mondo dei professionisti che vi operano. Sopratutto con l’arrivo nell’ aprile del 2008 del decreto 81/08. A motivo di questo è nata in noi l’esigenza di fermare alcune riflessioni che l’esperienza di formatori ci ha appuntato addosso, innazitutto come persone.Lezione 1: Una domanda preliminare: Cos’è la sicurezza sul lavoro?

Una domanda preliminare: Cos’è la sicurezza sul lavoro?

Non è una nozione tecnica che intendiamo dare in questo contesto, ma vogliamo capire come il concetto di sicurezza sul lavoro emerge nell’esperienza del lavoro e se possiamo quandi acquisirne una definizione a partire proprio dal lavoro.

Ma perchè chiedersi cos’è la “sicurezza sul lavoro”? dovrebbe essere scontato per delle persone che come professione formano proprio sull’argomento.

E’ un dovere di coerenza con l’obiettivo che ci poniamo di raggiungere. Della vita non è importante innanzitutto il viaggio, ma la coscienza che si ha dello scopo, della meta. Un viaggio senza meta è un viaggio di cui non si può aver certezza dei passi intermedi, mentre proprio la coscienza degli obbiettivi detta la possibilità di passi intermedi certi.

Già dicendo questo abbiamo accostato al nostro percorso un primo concetto, il concetto di “certezza”, tutti noi siamo esigenza di certezza, di essere “sicuri” di dove siamo e dove stiamo andando, di cosa fare e cosa essere. Tante sono le forme con cui esprimiamo questa esigenza,  nonostante la cultura mondana remi contro questa esigenza elementare della nostra razionalità.

Ma senza certezze non arriveremmo ad essere nemmeno adulti, un uomo adulto è tanto adulto tanto è certo dell’esperienza che fa, dei punti fermi che costituiscono la propria personalità nelle azioni di tutti i giorni.

Perciò per noi, “certezza” e “sicurezza” sono due termini che nel nostro percorso terremo sempre accostati l’un l’altro fino anche a farli incontrare se sarà necessario.

Bisogna sempre desiderare di essere soggetti adulti nei contesti che la vita ci detta di vivere, a maggior ragione nell’ambito del lavoro, che costituisce il maggior tempo della vita.

Metodo della confermazione: Quando sono certo di un vissuto?

Quella del titolo è una delle domande fondamentali del nostro percorso metodologico, perchè la risposta che ci daremo detterà la portata originale dell’intuizione da cui vogliamo partire, cioè che la Sicurezza sul lavoro sia coincidente con l’esperienza del lavoro, per cui la formazione per la sicurezza sul lavoro è a tutti gli effetti formazione al lavoro. Ci sarà poi da capire a quale aspetto del concetto di “lavoro” ci rivolgiamo e sarà determinante.

Perciò prima di tutto “come faccio ad essere certo di una cosa?” , qualsiasi persona può sperimentare direttamente o indirettamente dei vissuti ed arrivare alle proprie conclusioni, ma quando si è veramente certi?

Per rispondere alla domanda “quando” e non “come” ci atterremo a quella che è la normale esperienza con cui la nostra razionalità inizia a muovere i primi passi nel rapporto con la realtà, cioè all’esperienza del bambino. Quando un bambino è certo di un vissuto?, proviamo ad osservarlo in azione.

Guardiamo un bambino che sta giocando con le costruzioni e sta imitando il padre che poco prima gli ha fatto una torre e sempre poco prima gli ha detto: ”Figlio questa è una torre!”, il bambino ci prova e ci riprova nell’incastrare quei pezzi similmente al padre. Appena ha raggiunto un livello di similarità che lo soddisfa, subito è mosso e corre verso il genitore. “Papà ho fatto una torre!” griderà gioioso il bambino, ripetendo più volte l’affermazione per attirare l’attenzione del padre. Ma mettiamo che il padre in quella circostanza è indaffarato e non presta la giusta attenzione, il bambino carico dell’energià che la soddisfazione di aver costruito un’ opera da “adulti”, da “grandi”, non si rassegnerà, ma o continuerà iniziando a frignare o cercherà le attenzioni dell’altro genitore, e mettiamo che vada dalla madre. “Mamma ho fatto una torre!” e lo ripeterà ancora e ancora fino ad avere le attenzioni materne. Poi improvvisamente la madre attenta alle proprie faccende si volta verso di lui, lo guarda con gli occhi gioiosi della scoperta e gli dice: Bravo!

Ecco la conclusione del nostro breve esempio “Bravo”, era lo scopo, ma non come complimento, il bambino non cerca il complimento per sterile narcisismo, ma quel “Bravo” per un bambino è l’accadere del fenomeno della confermazione.

Da quel momento in poi, quell’accrocchio di costruzioni simili a quello fatto dal papà, quell’accrocchio è la torre! Si chiama torre, ne è certo, e adesso? Adesso è libero, può fare altro, può fare il box! Cioè ha fatto un passo, e può dedicarsi ad un altro passo necessario che lo farà divenire “grande” come desidera, cioè “adulto”.

Ripetiamo un uomo senza certezze, è un uomo debole nel rapporto con la realtà, uno è tanto adulto tanto è certo di ciò che costituisce la propria esperienza. Infine allora quando diveniamo certi? Nel rapporto con un’altro, solo nel rapporto con l’altro noi comprendiamo più noi stessi, con un’altro che è più avanti di noi nel giudizio sulle circostanze in cui noi ci arrabattiamo, e l’altro nel mondo del lavoro la norma lo ha definito: preposto, cioè posto “prima” con l’arduo compito di introdurre in maniera corretta i propri collaboratori ad una posizione adeguata nei confronti del lavoro, ad un “comportarsi” in maniera adeguata.

Ma la figura del “preposto” per chiarezza di esposizione la affronteremo più avanti. Sopratutto perchè ne daremo sia una definizione che un’accezione più ampia.

Il vissuto della Sicurezza sul lavoro: i comportamenti

Ecco svelato il mistero del nostro guardare all’esperienza, perchè ciò che costituisce la Sicurezza sul lavoro sono i “comportamenti adeguati”, ma adeguati a cosa? Ai regolamenti? Al buon senso? Nel nostro livello di approccio  basilare, pre-costituente, l’esperienza richiede di far chiarezza in tutti e due i casi. Ma arrivederci alla prossima lezione, proprio su questo!

Grazie a tutti per l’attenzione.

Condividi su: