La morte di un Papa è sempre un momento di svolta, di raccoglimento, di memoria. Ma soprattutto, per chi ha fede, è un invito a guardare alla Chiesa con occhi più sinceri, più profondi, più appassionati. Eppure, proprio nel momento in cui la Chiesa dovrebbe stringersi attorno al mistero della morte e della promessa della vita eterna, assistiamo invece a un proliferare di giudizi, polemiche, scontri. Il Papa è appena scomparso, e già ci si divide tra chi lo esalta come profeta dei tempi nuovi e chi lo accusa di aver tradito la tradizione.
E allora mi chiedo: perché i cattolici sembrano così incapaci di vivere la comunione? Perché ogni occasione diventa un campo di battaglia interna? Perché non riusciamo a vivere l’abbandono e l’affezione alla Presenza che ha reso possibile la nostra fede?
1. La Chiesa è fatta di uomini, non di angeli
La Chiesa è santa perché Cristo l’ha sposata, ma è sempre bisognosa di purificazione perché composta da uomini. È la “casta meretrix” di cui parlava sant’Agostino. E Benedetto XVI, nella Lettera ai cattolici cinesi, scriveva: “La Chiesa non è una struttura organizzativa, ma un organismo vivente. Essa vive perché Cristo vive in essa”. L’umanità della Chiesa non è un difetto: è il luogo dove si manifesta la misericordia. Don Giussani diceva: “La Chiesa è il miracolo della continuità storica della Presenza di Cristo: Dio ha voluto rimanere con noi attraverso ciò che più ci assomiglia, attraverso un’umanità cambiata dalla Sua Presenza”.
2. Il demonio colpisce dove può fare più male
Il Cardinale Giacomo Biffi ci metteva in guardia: “Il diavolo non si interessa di chi non vale nulla; egli colpisce la Chiesa perché è la dimora della verità”. La divisione è il suo mestiere. La parola diabolos significa proprio “colui che divide”. Ogni volta che nella Chiesa ci si accusa a vicenda, che si formano fazioni, che si preferisce l’ideologia alla carità, il diavolo ha già vinto una battaglia. Don Giussani lo spiegava chiaramente: “Il nemico più grande della Chiesa non è fuori di essa, ma dentro: è la pretesa di possedere la verità senza viverla come dono ricevuto e continuamente chiesto”.
3. Cercare Cristo, non il potere
Giovanni Paolo II diceva: “La Chiesa non ha bisogno di riformatori, ma di santi”. Il cristiano che dimentica di essere mendicante della grazia si trasforma in funzionario, in burocrate della fede. E da qui nascono le lotte per l’influenza, per le cariche, per i posti. La mondanità spirituale, di cui parla spesso Papa Francesco, è questa: cercare il proprio tornaconto dentro la religione, usare il Vangelo come strumento di potere. Don Giussani ci richiama con forza: “Il cristiano è colui che sa di non bastarsi e si rimette continuamente in cammino verso Cristo, perché senza di Lui tutto è un gioco di ruoli”.
4. L’unità è un dono dello Spirito, non un compromesso umano
Papa Francesco ci ha ricordato in molte occasioni che l’unità non è uniformità. È armonia nella diversità. Ma questa armonia è frutto dello Spirito, non della strategia umana. Laddove manca la preghiera, l’umiltà, la fiducia, l’unità si spezza. Benedetto XVI ha detto: “La fede non è un’idea, ma una comunione. E la comunione si fonda sul riconoscimento di una Presenza reale, non su una convergenza di opinioni”. E don Giussani aggiunge: “La comunione è il segno visibile della Presenza di Cristo tra noi: senza di essa, tutto si riduce a un’associazione ideologica”.
5. L’unità nella Chiesa è sempre lotta interiore
“La fede cristiana è un avvenimento, non un sistema morale”, ci ha insegnato don Giussani. E questo avvenimento ci obbliga a una continua conversione. La lotta non è contro l’altro, ma contro l’autoreferenzialità del proprio io. Come dice ancora il Cardinale Biffi: “La verità non ha bisogno dei nostri artigli, ma del nostro martirio”. Difendere Cristo significa testimoniarlo nella carne della propria vita, non semplicemente vincere una disputa teologica. Giussani affermava: “La verità è una Presenza da seguire, non un possesso da difendere: essa cambia chi la accoglie, non chi la impugna”.
6. Un popolo, non una tribù
Noi non siamo “conservatori” o “progressisti”. Siamo cristiani, battezzati, membra vive di un solo Corpo. Le categorie mondane sono trappole ideologiche che ci allontanano dal cuore della nostra identità. Papa Francesco ha detto: “Senza amore, la verità diventa ideologia”. E Benedetto XVI aveva già avvertito: “La vera riforma della Chiesa nasce dalla santità, non dall’organizzazione”. Don Giussani ci ha lasciato una definizione illuminante: “Il popolo cristiano è un popolo convocato dalla presenza di Cristo, non dalla comunanza delle idee. E la vera appartenenza è obbedienza a un evento che ci precede”.
Lasciarsi convertire
Lasciamo che questo tempo ci sorprenda. Che sia un tempo di grazia, in cui chiediamo a Dio non di avere ragione, ma di essere convertiti. E che possiamo dirci l’un l’altro, con verità e carità: “Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam”.