1. Premessa: un contesto fertile per le ambiguità
Con la promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico (CIC) nel 1983, Giovanni Paolo II aggiornava la struttura giuridica della Chiesa per rispondere alle sfide del tempo presente. Il documento, nella costituzione apostolica Sacrae Disciplinae Leges, dichiarava esplicitamente:
«Dichiaro abrogate tutte le leggi, tanto universali quanto particolari, che sono in contrasto con le prescrizioni di questo Codice.»
Questa clausola ha fornito, fin da subito, terreno fertile per interpretazioni forzate e rivendicazioni indebite da parte di associazioni neotemplari, che hanno approfittato dell’ambiguità del linguaggio per sostenere di essere tornate “in vita” dopo secoli di silenzio.
2. Il cuore dell’equivoco: la “clausola abrogativa”
Gli pseudo-ordini templari sostengono che:
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L’abrogazione delle norme precedenti avrebbe automaticamente cancellato la bolla Vox in excelso (1312) di Papa Clemente V, che aveva soppresso l’Ordine dei Templari.
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Ciò comporterebbe una sorta di “liberazione giuridica” che permetterebbe la rinascita dell’Ordine come associazione di fedeli, magari in forma laicale o simbolica.
❗ Confutazione:
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La bolla Vox in excelso non è una norma disciplinare nel senso moderno, ma un atto pontificio storico e irreversibile.
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Il Codice di Diritto Canonico del 1983 non contempla il ripristino degli ordini cavallereschi soppressi, ma al contrario regola le associazioni di fedeli secondo criteri ben definiti (can. 298–329).
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L’abrogazione si applica solo alle norme incompatibili con il nuovo Codice. Ma la soppressione dei Templari non è una norma in conflitto con il CIC 1983, bensì un fatto concluso e storicamente accertato.
3. Le tappe della strumentalizzazione
Negli anni ’80 e ’90, proliferano:
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APS templariste (Associazioni di Promozione Sociale) che si registrano come associazioni laiche di ispirazione cristiana, usando il nome “Templare”;
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Cerimonie di investitura in chiese senza autorizzazione ecclesiastica, sfruttando l’ambiguità locale;
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Richiami a lettere non documentate (es. presunta lettera di Giovanni Paolo II al card. Ciappi) per rivendicare una “benedizione” indiretta;
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Simbolismo cavalleresco e crociate usati per giustificare una “rinascita spirituale” non richiesta da nessuna autorità ecclesiale.
4. Le risposte della Chiesa: documenti chiari
Segreteria di Stato – Nota ufficiale (2012)
«La Santa Sede riconosce solamente l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, il Sovrano Militare Ordine di Malta e gli ordini pontifici.
Nessun altro ordine (inclusi i cosiddetti ordini templari) ha riconoscimento da parte della Chiesa.»
📌 Can. 301 e 312 CIC
Solo la Gerarchia può erigere associazioni pubbliche di fedeli e riconoscere un ordine ecclesiastico. Nessun gruppo privato può attribuirsi finalità ecclesiali senza l’approvazione esplicita.
5. Il pericolo teologico e pastorale
Il proliferare di pseudo-ordini templari non è solo un problema giuridico. È un pericolo ecclesiale e dottrinale:
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Introducono sincretismi simbolici con l’esoterismo e la massoneria.
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Confondono i fedeli con finte appartenenze cavalleresche prive di sacramentalità e obbedienza alla Chiesa.
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Distolgono risorse spirituali e formative da vere esperienze ecclesiali riconosciute.
6. Solo la Chiesa riconosce la cavalleria cristiana
Le vere forme di cavalleria cristiana oggi vivono:
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Nella Milizia del Santo Sepolcro;
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Nello SMOM;
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Nelle associazioni riconosciute dalla Chiesa e che non pretendono continuità storica illegittima.
La cavalleria non è una nostalgia da rivivere nei costumi, ma una vocazione da incarnare nella testimonianza cristiana, nella fedeltà alla Chiesa, nella difesa della fede e del povero.
Fonti documentarie
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Giovanni Paolo II, Sacrae Disciplinae Leges, 25 gennaio 1983
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Codice di Diritto Canonico (1983), can. 6, 215, 298–329, 301, 312
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Nota della Segreteria di Stato, 16 ottobre 2012
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Bolla Vox in excelso, Clemente V, 1312
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Pastor Bonus, 1988