Un cammino non formale, ma personale
Ogni uomo, nel momento in cui si pone dinanzi al Mistero della vita, intuisce che non basta combattere per una causa, ma occorre che la sua stessa esistenza sia definita da un sì, da una consacrazione a qualcosa di più grande. Così è per il cavaliere cristiano.
Nella storia, tante parole sono state usate per descrivere questo atto: investitura, giuramento, iniziazione… Ma se vogliamo essere fedeli alla verità che emerge nella tradizione della Chiesa, non possiamo fermarci a un linguaggio formale. Dobbiamo riconoscere la sostanza: il voto cavalleresco è una promessa fatta a Dio, e per questo è irrevocabile dall’uomo, e perpetua nel tempo, a meno che non sia sciolta da quella stessa autorità che custodisce il Mistero: la Chiesa.
1. Giuramento o voto? La differenza è decisiva
Il linguaggio comune parla spesso di “giuramento del cavaliere”, ma questa espressione è imprecisa e rischia di svuotare di contenuto ciò che invece è un gesto totale.
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Il giuramento (dal latino iuramentum) è una formula giuridica, legata a un rapporto umano: il vassallo giura fedeltà al suo signore, promette obbedienza, e lo fa in una logica di potere, di scambio e di vincolo sociale.
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Il voto (dal latino votum) è tutt’altro: è una risposta libera a una chiamata, un’offerta della propria vita fatta a Dio, un atto che nasce dallo stupore per una Presenza, non dalla logica del contratto.
“Il voto è una promessa libera e deliberata fatta a Dio di un bene possibile e migliore”
(Codice di Diritto Canonico, can. 1191 §1)
Il voto è il linguaggio di chi riconosce che la propria vita è chiamata a qualcosa di più, è attratta, come dice sant’Agostino, da una delectatio victrix, un’attrattiva vincente, che è Cristo.
2. Fonti storiche: cosa dicono davvero?
Le fonti medievali, se lette con attenzione, confermano questa distinzione:
Contesto | Termine Usato | Significato |
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Liturgia cavalleresca (XI sec.) | votum, promissio, devotio | Consacrazione spirituale |
Diritto feudale | iuramentum fidelitatis, hominium | Impegno giuridico verso un signore |
Regole degli ordini (Templari, Ospitalieri) | voti religiosi (povertà, castità, obbedienza) | Consacrazione davanti a Dio |
In particolare, il Pontificale Romano-Germanico (XI sec.) parla di “promissio fidelitatis” come atto solenne fatto davanti all’altare, non a un’autorità terrena.
San Bernardo, rivolgendosi ai Templari:
“Non portate la spada per ambizione, ma per la giustizia di Dio; non seguite la gloria del mondo, ma il Regno di Cristo.”
(De Laude Novae Militiae, cap. 1)
3. Il voto è per sempre, perché è fatto a Dio
Se un uomo si offre totalmente a Dio, quella offerta è definitiva, perché l’amore è per sua natura eterno, e non può essere ritirato per convenienza.
Il voto cavalleresco, come ogni voto sacro, vincola la persona in coscienza, ed è valido anche se l’ordine a cui apparteneva decade, anche se la struttura giuridica svanisce. Perché? Perché non è l’ordine che dà valore al voto, ma è Dio che lo riceve.
“Chi fa un voto a Dio, lo adempia senza tardare, perché Dio non si compiace degli stolti. Mantieni la tua promessa”
(Qoèlet 5,3)
Solo la Chiesa, nella sua autorità apostolica, può sciogliere un voto, valutando se sono mutate le condizioni, o se il cammino prende una nuova forma, dentro una obbedienza più grande.
4. Un gesto di adesione, non una formalità
Nel linguaggio che più ci è caro — quello della fede vissuta come incontro — il voto è un abbandono fiducioso al Disegno di un Altro. Non nasce dalla volontà di affermare sé stessi, ma dalla commozione per una Presenza che chiama.
“L’uomo è lieto perché Dio vive il suo dolore carico di letizia, ma è sempre dolore, un dolore di sé. L’uomo si accetta e si affida, si abbandona, per essere cambiato, a un Altro.”
(Il linguaggio cattolico apostolico, s.v. Abbandono)
In questa prospettiva, il voto cavalleresco è una forma di amore, di amicizia con Cristo, di affectus, di attaccamento. È come il “sì” di Pietro che dice:
“Signore, tu sai che ti amo” (Gv 21,17)
5. Il cavaliere cristiano: uomo di parola data per sempre
Il cavaliere che pronuncia un voto lo fa perché ha incontrato Cristo, come evento nella sua storia, e desidera che ogni fibra del suo essere sia risposta a quell’incontro.
È questo che rende grande la cavalleria: non la spada, non il rango, ma la decisione cosciente di appartenere a Cristo per sempre, in ogni gesto, in ogni battaglia, in ogni sconfitta.
Una vocazione che permane
Il voto cavalleresco non è un’etichetta, è l’eco di una chiamata. Un uomo può essere cavaliere anche senza un ordine, anche senza una cerimonia, se il suo cuore ha detto:
“Eccomi, sono tuo, per sempre.”
Ed è per questo che ogni nuova realtà cavalleresca ecclesiale — se vuole essere tale — deve partire da un’identità certa, scritta, testimoniata, non come formalità, ma come arte che esprime il cuore dell’uomo.
Perché solo ciò che è scritto, ciò che è detto, può essere riconosciuto, giudicato, amato dalla Chiesa.
BIBLIOGRAFIA
Fonti teologiche e canoniche
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Codice di Diritto Canonico (1983), canoni 1191–1195, in particolare:
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Can. 1191 §1: “Il voto è una promessa libera e deliberata fatta a Dio…”
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Can. 1192 §1: distinzione tra voto pubblico e privato, solenne e semplice
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Can. 1196: autorità della Chiesa nel dispensare dai voti
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Summa Theologiae, S. Tommaso d’Aquino, II-II, q.88: De Voto
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Bibbia CEI 2008
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Qoèlet 5,3: “Chi fa un voto a Dio, lo adempia senza tardare…”
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Giovanni 21,17: “Signore, tu sai che ti amo”
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Sant’Agostino, Sermones, Sermo 169: sul compimento del voto come dovere verso Dio
Fonti storiche e cavalleresche
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Pontificale Romano-Germanico, XI secolo: formule di benedizione e investitura del cavaliere, con uso di votum e promissio
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Regola dell’Ordine del Tempio, in La regola templare a cura di E. Baumann, Jaca Book, Milano
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San Bernardo di Chiaravalle, De Laude Novae Militiae, XII secolo
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Edizione italiana: In lode della nuova cavalleria, a cura di G. De Luca, San Paolo, Cinisello Balsamo
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Studi storici e culturali
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Georges Duby, Il cavaliere, la donna, il prete. Il matrimonio nella Francia feudale, Laterza, Bari
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Régine Pernoud, Cavalieri e donne nel Medioevo, Jaca Book, Milano
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Jean Flori, La cavalleria, Il Mulino, Bologna
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Jonathan Riley-Smith, I Templari. Storia e mito, Laterza, Roma-Bari
Fonti contemporanee e spirituali
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Luigi Giussani, Il linguaggio cattolico apostolico (documento manoscritto, trascrizione)
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Temi fondamentali: abbandono, affezione, promessa, presenza, appartenenza, voto come adesione a un Altro
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Beato Bartolo Longo, Scritti spirituali, in particolare il Voto alla Vergine del Rosario e le lettere sulla cavalleria mariana