La sicurezza come cultura, non come checklist
“La sicurezza non è una procedura, è un valore.”
(Heinrich, H.W., “Industrial Accident Prevention”, 1931)
1. La cultura della sicurezza: un cambio di paradigma
Negli ultimi anni, il mondo del lavoro ha assistito a una profonda trasformazione nel modo di intendere la salute e sicurezza sul lavoro (SSL).
Se negli anni Novanta la priorità era costruire sistemi di controllo normativo — culminati nel D.Lgs. 81/2008, vero corpus della prevenzione italiana — oggi si impone una sfida diversa: trasformare la sicurezza da adempimento a cultura.
Come ricorda l’art. 15 del D.Lgs. 81/08, le misure generali di tutela comprendono “la formazione, l’informazione e la partecipazione dei lavoratori”, ma la reale efficacia di tali misure dipende da un elemento immateriale: la consapevolezza condivisa del valore della vita e della prevenzione.
La sicurezza non nasce nel documento, ma nelle relazioni tra le persone.
2. Il DVR non è la sicurezza: è il suo riflesso
Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) rappresenta, per legge, la base del sistema di prevenzione aziendale (art. 17 e 28 D.Lgs. 81/08). Tuttavia, nella prassi, il DVR viene spesso vissuto come un obbligo amministrativo, una “checklist” di adempimenti da compilare più che un processo dinamico di analisi, ascolto e miglioramento.
“Un DVR perfetto sulla carta non ha mai evitato un incidente.
È la cultura condivisa della sicurezza che previene gli eventi.”
(Restivo, G., 2025)
Le statistiche INAIL (Rapporto Annuale 2024) mostrano come, nonostante la crescita della compliance documentale, gli infortuni sul lavoro restino stabili in molti settori.
Questo dimostra che non basta la conformità normativa: serve una maturità organizzativa che renda la sicurezza un valore vissuto, quotidiano, e non un fascicolo archiviato.
3. Dalla compliance alla safety culture: un approccio sistemico
Il concetto di safety culture nasce negli anni ’80, dopo l’incidente di Chernobyl (1986), quando l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) individuò la causa principale non in errori tecnici, ma nella mancanza di cultura organizzativa della sicurezza.
L’IAEA (Safety Series No. 75-INSAG-4, 1991) definì la safety culture come:
“L’insieme di caratteristiche e atteggiamenti nelle organizzazioni e nei singoli che rendono prioritaria la sicurezza.”
Questo approccio è stato successivamente ripreso da Reason (1997) e dal modello della Swiss Cheese Theory, che mostra come gli incidenti derivino dall’allineamento di “falle” sistemiche, spesso culturali e comunicative, più che tecniche.
Oggi le norme ISO 45001:2018 e la ISO 45003:2021 integrano questa visione:
la sicurezza non è più una somma di procedure, ma un processo partecipativo, resiliente e integrato nel sistema di governance aziendale.
4. Leadership, comunicazione e partecipazione: i tre pilastri
Secondo l’European Agency for Safety and Health at Work (EU-OSHA, 2023), la cultura della sicurezza si fonda su tre pilastri:
-
Leadership visibile – Il management deve incarnare la prevenzione, non delegarla.
“Ciò che il leader fa, l’organizzazione diventa.”
(Schein, E.H., “Organizational Culture and Leadership”, 2010) -
Comunicazione autentica – La sicurezza si costruisce nel dialogo, non nei moduli firmati.
Creare canali di ascolto e feedback riduce gli incidenti “latenti” e promuove fiducia. -
Partecipazione attiva – Il lavoratore è coautore della prevenzione, non destinatario passivo.
Come previsto dall’art. 20 del D.Lgs. 81/08, ogni persona “deve prendersi cura della propria sicurezza e di quella degli altri”.
È la definizione giuridica di un principio umano universale: la cura dell’altro.
5. La sicurezza come valore antropologico
La prevenzione non è solo tecnica: è antropologia applicata.
Come afferma l’OMS (WHO, “Global Strategy on Occupational Health”, 2021), la salute sul lavoro è “benessere fisico, mentale e sociale” e non mera assenza di malattia o infortunio.
In questa prospettiva, la sicurezza assume un valore etico:
non è la difesa dal rischio, ma l’espressione più alta della responsabilità verso sé stessi e verso la comunità di lavoro.
“Ogni gesto sicuro è un atto di cavalleria civile.”
(Restivo, G., 2024)
6. La sicurezza come cultura viva
La cultura della sicurezza nasce quando il DVR diventa un linguaggio condiviso, non un faldone.
Quando la formazione è esperienza, non slide.
Quando il preposto non “vigila”, ma guida.
Quando la sicurezza smette di essere un costo e diventa la misura della dignità del lavoro.
In un mondo dove si automatizzano processi, la vera innovazione è umana:
non c’è algoritmo che possa sostituire la coscienza di chi sceglie ogni giorno di proteggere sé e gli altri.
Riferimenti bibliografici essenziali
-
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro
-
INAIL, Rapporto Annuale 2024
-
ISO 45001:2018 – Occupational Health and Safety Management Systems
-
ISO 45003:2021 – Psychological Health and Safety at Work
-
IAEA, Safety Culture: A Report by the International Nuclear Safety Advisory Group, 1991
-
Reason, J. (1997), Managing the Risks of Organizational Accidents, Ashgate
-
Schein, E.H. (2010), Organizational Culture and Leadership, Jossey-Bass
-
EU-OSHA (2023), Healthy Workplaces Campaign
-
WHO (2021), Global Strategy on Occupational Health for All
-
Restivo, G. (2024), La Verità nella Sicurezza sul Lavoro, Schola Carlo Magno Press